Nelle scuole di oggi, soprattutto nelle classi degli adolescenti, l’atmosfera non è sempre tranquilla. Viviamo circondati da aria, non la possiamo né vedere né toccare ma l’aria ci consente di vivere. A noi sembra che così impalpabile l’aria non pesi nulla, invece pesa…..eccome se pesa! Ė così pesante che, anche se non ce ne accorgiamo, sulle nostre teste abbiamo un peso notevole.
L’aria è comunque pesante non solo in senso fisico, ma anche metaforico. Ci sono situazioni e ambienti in cui davvero si respira…..un’aria pesante.

La mia esperienza di insegnante mi testimonia come l’ambiente scolastico diventi sempre più frequentemente focolaio di conflitti, a volte latenti e a volte che esplodono violentemente, a tutti i livelli. Lavorare in contesti educativi che espongono gli allievi a situazioni di rischio e di stress istruendo i ragazzi e garantendo un corretto sviluppo delle loro competenze, rappresenta la sfida più difficile che la scuola (e la società contemporanea) si trova oggi ad affrontare.
La scuola che per sua natura è chiamata ad essere luogo di socializzazione e sviluppo delle competenze sociali, luogo di armoniosa costruzione di relazioni, appare sempre più in difficoltà nell’affrontare questo ruolo. Violenze, bullismo, maltrattamenti, abusi, sono soltanto alcuni tra gli aspetti negativi che essa si trova ad affrontare, spesso senza risposte adeguate oppure con risposte che tentano di arginare il disordine senza però porre le basi per la possibilità di costruire un nuovo ordine.

Le relazioni tra adolescenti e adulti sono una risorsa fondamentale per lo sviluppo; nei primi anni le relazioni con gli adulti, principalmente con i genitori, formano l’infrastruttura dello sviluppo che costituirà la base di tutte le attività in cui il bambino crescendo sarà coinvolto.
Negli anni della scuola tale infrastruttura viene ulteriormente elaborata e ampliata, ma il suo regolare procedere può essere intralciato da cambiamenti nelle relazioni non sempre di natura positiva (la morte di un genitore, la separazione dei coniugi, una malattia grave ecc…); è a questo punto che l’insegnante entra in scena, in particolare la sua relazione con i ragazzi rappresenta una potenziale risorsa per migliorare esiti evolutivi.
Gli alunni sono anch’essi un universo inafferrabile di caratteri, aspirazioni, desideri e disagi.

 

Compito proprio dell’insegnante è quello di “mediare” cioè agire facendo da tramite ovvero una sorta di collegamento tra chi sa e chi apprende, tra oggetto d’apprendimento e soggetto apprendente.
La prima e fondamentale mediazione è quella offerta dalla relazione: il clima ed il tono educativi, creati dalla qualità dei rapporti interpersonali, sono tra i mediatori più significativi per l’allievo (F.Larocca, Pedagogia generale, Verona, Libreria editrice universitaria, 2000).
Se l’insegnante si pone come mediatore e non solo come “mediatore didattico/trasmettitore di saperi” deve far sì che l’alunno sia in grado di scoprire e dare un senso a ciò che fa, quindi ad appassionarsi a ciò che lo emoziona. Non c’è apprendimento senza coinvolgimento emotivo, ma è vero anche il contrario: non c’è reale coinvolgimento emotivo senza apprendimento.

I recenti studi vittimologici non solo si soffermano sulla vittima come “persona singola” che soffre a seguito di un evento a volte criminoso, ma cercano di comprendere anche quali siano le “categorie di persone” a rischio di vittimizzazione. I minori rientrano tra questa “categorie di persone”.
Maggiormente vulnerabili come soggetti deboli della società, i minori purtroppo sempre più spesso e sotto diverse forme rientrano in tali studi e l’attenzione viene posta al minore sia come vittima ma anche come autore di reato intendendo per minori i soggetti in età evolutiva, penalmente perseguibili poiché hanno compiuto 14 anni di età e assimilando la categoria di minore a parametri sia giuridico-penali che psicologici.
L’ascolto del minore come autore e vittima di reato rappresenta uno degli aspetti focali non solo per la comprensione e l’opposizione al fenomeno, ma anche per la possibilità di sostegno e recupero.
L’attenzione ai soggetti deboli deve quindi da una parte cercare di definire chiaramente quali tipologie e modalità di reati consistono in un’offesa alla personalità e alla libertà del minore e, dall’altra, valutare l’importanza rivestita dalla disponibilità ad accogliere la sua verità e la sua innocenza.

Salute inGrata – Settembre 2016